Neuropsicomotricità
Chi è e cosa fa il terapista della neuro e psicomotricità?
Che cos'è la neuropsicomotricità?
Quando attivare un percorso di neuropsicomotricità?




a cura della Dott.ssa Marcato Elisa,
terapista della neuro e psicomotricità
Percorsi attivi
valutazioni e terapie neuropsicomotorie individuali e di gruppo rivolte all’età evolutiva
Attraverso la terapia neuropsicomotoria si vuole proporre un percorso evolutivo che, partendo dal piacere di giocare con il corpo e il movimento, aiuti il bambino ad elaborare le proprie esperienze emotive ed affettive, a maturare a livello cognitivo e a sviluppare in modo armonico le proprie personalità.
La seduta di terapia neuropsicomotoria offre un tempo e uno spazio privilegiati nei quali il bambino può esprimersi attraverso diversi linguaggi, sia verbale che non verbale.
Chi è e cosa fa il terapista della neuro e psicomotricità?
È il professionista sanitario che tratta specificatamente l’età evolutiva, collabora in equipe multidisciplinare sia con figure presenti all’interno dell’associazione come la logopedista, la psicologa, la musicoterapeuta e l’arteterapeuta, ma anche con figure non presenti all’interno dell’associazione come il neuropsichiatra infantile.
L’area di intervento del terapista della neuropsicomotricità (TNPEE) è nello specifico proprio la fascia d’età dai 2 ai 10 anni. Interviene sia in ambito di prevenzione, come ad esempio nello screening fatto all’interno delle scuole dell’infanzia, sia in ambito di riabilitazione: o individuale o in piccolo gruppo (composto da 2 o 3 bambini).
Il TNPEE tratta sia disabilità complesse come i disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettive o sindromi genetiche, sia semplici difficoltà o immaturità a livello psicomotorio, disturbi della coordinazione motoria o difficoltà comportamentali.
Che cos'è la terapia neuropsicomotoria?
La terapia neuropsicomotoria è una disciplina che attraverso il corpo e il movimento (motricità) va ad indagare gli aspetti cognitivi (neuro) e gli aspetti emotivi e attentivi (psico).
La terapia neuropsicomotoria fa del gioco il suo strumento principale, in quanto proprio attraverso il gioco i bambini si esprimono e conoscono il mondo.
Per i bambini giocare non è solo un semplice passatempo, ma è proprio la loro maggiore attività e attraverso quest’ultimo il bambino scopre il mondo che lo circonda, si relaziona coi pari e con l’adulto e sviluppa tutte le sue abilità: cognitive, sociali e linguistiche.
La terapia neuropsicomotoria può essere utile a tutti i bambini, sia quando ci sono delle reali difficoltà e immaturità nello sviluppo (legate all’espressione di patologie già dichiarate, che non), sia quando è necessario semplicemente potenziare delle aree carenti o acquisire nuove competenze che faticano ad emergere.
Ci sono dei campanelli di allarme che possono far notare delle difficoltà ai genitori, alle insegnanti o alle educatrici o a chi vive in stretto contatto con i nostri bambini:
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Nell’ambito motorio: bambini che sembrano un po’ goffi, che cadono spesso o inciampano nei loro stessi piedi; bambini che dopo i 3 anni non riescono ancora a salire le scale alternando i passi, o dopo i 4 anni non sanno scendere le scale alternando i passi, o che a 5 anni ancora fanno molta fatica nell’approccio della bicicletta, non riuscendo a gestire il mezzo in modo autonomo; bambini che faticano nelle autonomie della vestizione e svestizione, quindi hanno sempre la necessità di aiuto da parte del genitore per riuscire a vestirsi.
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Un’altra difficoltà a livello fine-motorio può essere nella prensione del pennarello o nell’esecuzione del tratto grafico durante il disegno, quindi i bambini che all’età dei 5 anni non sono in grado di disegnare in modo autonomo e ancora hanno disegni poco particolareggiati; o a 4 anni ancora non sono presenti delle figure umane ben definite nei loro elaborati grafici.
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Nell’ambito dell’attenzione: bambini che fanno fatica a rimanere concentrati nelle attività che stanno svolgendo, che hanno tempi di attenzione/di gioco molto brevi e quindi passano da un’attività all’altra, senza soffermarsi troppo, cambiando spesso giochi; bambini che fanno molta fatica nell’attendere anche brevi tempi di attesa e sono incapaci di rispettare i turni o di aspettare il permesso di fare qualcosa, rischiando a volte di mettersi in situazioni pericolose.
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Nell’ambito emotivo e nella gestione dei “comportamenti problema”: bambini irrequieti dal punto di vista motorio, che non riescono mai a stare fermi, che fanno fatica ad accettare i no dei genitori e vanno in frustrazione con poco o fanno fatica a interrompere un loro comportamento; bambini che hanno delle modalità relazionali irruente, sia con i pari ma anche con i genitori (per esempio utilizzano il morso, la spinta, lo schiaffo); bambini che fanno fatica ad autoregolarsi e hanno reazioni eccessivamente forti di fronte a situazioni semplici; bambini che fanno fatica a relazionarsi, se non con i genitori o con la loro stretta cerchia di persone conosciute, e quindi sono più inibiti dal punto di vista comportamentale.
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Nell’ambito linguistico: bambini con semplici difficoltà linguistiche, o anche quei bambini che in realtà hanno proprio dei ritardi di acquisizione a livello di linguaggio e questo li fa rinunciare o semplicemente non gli permette di relazionarsi coi pari. Ad esempio a 2 anni ancora non hanno un lessico di almeno 50 parole, o verso i 3 anni non compongono ancora delle frasi con più di due locuzioni.